È illegittimo l’accertamento catastale che non indica in modo specifico e puntuale gli elementi che hanno condotto ad un diverso classamento del fabbricato. Proprio per l’automatismo che potrebbe caratterizzare questi provvedimenti, occorre una motivazione dettagliata.
E’ questo quanto stabilito con l’ordinanza n. 23130 del 2018, dalla Corte di Cassazione, allegata alla presenza.
Il caso in esame. Una contribuente ha impugnato un avviso di accertamento catastale con il quale l’Ufficio aveva variato il classamento di un proprio immobile. Entrambi i giudici di merito hanno annullato il provvedimento perché viziato da carente motivazione e l’Agenzia ha fatto ricorso in Cassazione lamentando un’errata interpretazione della norma da parte del giudice di appello, poiché, essendosi trattato di una revisione massiva dei classamenti degli immobili siti nello stesso Comune, non erano necessari ulteriori dettagli.
Secondo la Suprema Corte non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che si limiti ad indicare la differenza del rapporto tra il valore di mercato e il valore catastale nella microzona considerata rispetto alle microzone comunali. Occorre infatti che dalla motivazione si evincano la qualità ambientale in cui è inserito l’immobile, la zona di mercato, le caratteristiche edilizie del fabbricato e come, in concreto, tali elementi abbiano inciso sul diverso classamento.
E’ stato inoltre richiamato il principio recentemente affermato dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n. 249/2017, secondo il quale proprio in considerazione del carattere diffuso delle revisioni catastali, l’obbligo di motivazione dei provvedimenti deve essere assolto in maniera rigorosa, così da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano la rettifica. La Cassazione ha quindi ritenuto che proprio dalla sentenza della Consulta emerga chiaramente la necessità di una motivazione specifica e puntuale.
Si allega l’Ordinanza