Dal 17 luglio con l’ Art. 10 del D.L. n.76/2020 del 16 luglio 2020 (Decreto semplificazioni) in corso di conversione, che ha modificato l’art. 9 bis del D.P.R. n.380/2001 (documentazione amministrativa) è possibile, ma non obbligatorio, allegare ai contratti di compravendita l’inedito «certificato di stato legittimo». rilasciato da un «tecnico abilitato» attestante l’assenza di violazioni alla disciplina edilizia e urbanistica oppure la presenza di «tolleranze costruttive». Si tratta di una «dichiarazione asseverata» rilasciata da un «tecnico abilitato» attestante l’assenza di violazioni alla disciplina edilizia e urbanistica oppure la presenza di «tolleranze costruttive». Il certificato può essere rilasciato anche con piccole difformità entro il 2% dei limiti e misure. Il certificato è utile per evitare possibili controversie legali nelle compravendita o per usufruire con sicurezza di un’agevolazione fiscale.
Si tratta di un documento , consistente in una dichiarazione asseverata rilasciata da un tecnico abilitato, che attesta l’assenza di violazioni alla normativa urbanistica e edilizia, oppure la presenza di «tolleranze costruttive», cioè quelle che non eccedono il 2% delle misure e delle cubature previste dal titolo abilitativo o altre difformità di scarsa entità e che non pregiudicano l’agibilità dell’immobile.
Lo stato legittimo dell’immobile – definito dal Decreto – «è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali».
Se la costruzione risulta anteriore al 1° settembre 1967 e negli atti di compravendita necessita la dichiarazione del venditore attestante l’inizio dei lavori di costruzione anteriormente al 1967 (dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà), in questo caso la norma precisa che lo stato legittimo «è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto oppure da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza».
Lo stesso criterio si applica anche nel caso in cui «sussista un principio di prova del titolo abilitativo», cioè un indizio, una traccia della sua esistenza, ma non sia disponibile la copia del relativo documento. In questo modo, è possibile ottenere una sorta di “passaporto” che potrà essere utilizzato nella prassi per verificare se l’immobile è in regola: il certificato di stato legittimo ha questa funzione e può dimostrare la legittimità della costruzione in maniera giuridicamente certa.
E’ auspicabile avere il certificato per poter usufruire anche delle agevolazioni fiscali, che non sono riconosciute per i fabbricati su cui sono stati realizzati interventi abusivi e velocizzare l’iter burocratico di ogni altra pratica edilizia riferita all’immobile. Il certificato tutela i proprietari in caso di eventuali contestazioni da parte degli acquirenti.
Prima del Dl Semplificazioni (che al momento attende la conversione in legge) per garantirsi dall’assenza di abusi edilizi ci si avvaleva di una «dichiarazione di conformità edilizia e urbanistica» rilasciata da un tecnico. Questa dichiarazione, aveva carattere privato, mentre il nuovo certificato di stato legittimo ha una valenza pubblicistica, perché, pur essendo rilasciata da un professionista privato abilitato (come l’ingegnere, l’architetto o il geometra), è asseverata ed è ora prevista espressamente dalla legge come condizione per attestare la condizione di regolarità urbanistica ed edilizia dell’immobile e comporta (essendo «asseverata») la responsabilità penale in caso di dichiarazioni false e assumere il ruolo di una certificazione ufficiale di conformità edilizia pur essendo prodotta da un soggetto privato (vale a dire il tecnico che ne è incaricato).
Lo “stato legittimo“
Il concetto di «stato legittimo» di un fabbricato secondo il Decreto legge 16 luglio 2020 n. 76 indica il risultato costruttivo che si ha in dipendenza dei lavori effettuati in conformità a un titolo edilizio, sia quello abilitante i lavori originari di costruzione sia quello in base al quale siano stati effettuati interventi edilizi successivi rispetto all’intervento originario.
Quanto ai manufatti realizzati in epoca in cui gli interventi edilizi non abbisognavano di un titolo edilizio, lo «stato legittimo» è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, eccetera.
Nel caso che una costruzione non è perfettamente fedele al progetto, la legge concede le cosiddette tolleranze «costruttive» o «esecutive», ovvero:
1. Mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro inerente alle singole unità immobiliari contenuto entro il limite del 2% delle misure previste nel titolo abilitativo
2. Irregolarità geometriche, modifiche alle finiture di minima entità, diversa collocazione di impianti e opere interne (a meno che si tratti di fabbricati gravati dal vincolo storico-artistico) che siano avvenuti durante i lavori eseguiti per l’attuazione di titoli edilizi, a condizione che non sia pregiudicata l’agibilità dell’edificio.
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