Per la Cassazione quando si tratta di promuovere azioni reali contro terzi a difesa dei diritti dei condomini è necessaria l’autorizzazione dell’assemblea
È inammissibile il ricorso proposto dal condominio contro la violazione delle distanze legali laddove l’amministratore sia carente dell’autorizzazione da parte dell’assemblea condominiale. Tale autorizzazione è infatti necessaria quando si tratti di promuovere azioni reali contro terzi a difesa dei diritti dei condomini. Così ha deciso la sesta sezione civile della Cassazione (con la recente ordinanza n. 23190/2020).
La vicenda
Nella vicenda, un condominio conveniva in giudizio dinanzi al tribunale di Lamezia Terme una signora che aveva edificato un fabbricato a confine con l’edificio condominiale a distanze inferiori a quelle di legge, chiedendo la riduzione in pristino e il risarcimento del danno.
Il tribunale accoglieva la domanda, ma in appello la stessa veniva integralmente rigettata.
Il condominio adiva quindi il Palazzaccio.
La decisione
La Cassazione riteneva che la costruzione della convenuta risultava effettivamente collocata a distanza inferiore a quella di legge.
Tuttavia, dichiarava il ricorso inammissibile per difetto della valida autorizzazione dell’amministratore del condomino alla proposizione del ricorso da parte dell’assemblea. La necessità di tale autorizzazione infatti sostengono gli Ermellini deve ritenersi sussistente alla luce della costante giurisprudenza (cfr. ex multis Cass. S.U. n. 10615/1996; Cass. n. 40/2015), “secondo cui le azioni reali contro terzi, a difesa dei diritti dei condomini sulle parti comuni di un edificio, quali quelle volte a denunziare la violazione delle distanze legali tra costruzioni, essendo dirette a ottenere statuizioni relative alla titolarità e al contenuto dei diritti medesimi, non rientrano tra gli atti meramente conservativi e possono, quindi, promuoversi dall’amministratore del condominio solo se sia autorizzato dall’assemblea a norma dell’art. 1131, comma primo, cod. civ.”.
Nonostante l’eccezione sia stata già posta nel controricorso (e poi reiterata in sede di memorie), il condominio non ha comunque provveduto a sanare detta carenza mediante la produzione dell’originaria autorizzazione ovvero di un’autorizzazione a ratifica del proprio operato, il che determina dunque l’inammissibilità del ricorso. Né concludono i giudici si può far richiamo alla possibilità di concedere termine per la sanatoria del difetto di autorizzazione ex art.182 c.p.c., avendo la stessa Corte affermato che deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dall’amministratore del condominio senza la preventiva autorizzazione assembleare, eventualmente richiesta anche in via di ratifica del suo operato, in ordine a una controversia riguardante i crediti contestati del precedente amministratore revocato, in quanto non rientrante tra quelle per le quali è autonomamente legittimato ad agire (Cass. n. 12525/2018). Né tantomeno può essere concesso il termine per la regolarizzazione ai sensi dell’art. 182 c.p.c. allorché il rilievo del vizio, in sede di legittimità, sia stato sollevato non d’ufficio, ma dalla controparte nel suo controricorso.
Per cui ricorso inammissibile e condominio condannato alle spese.
Ordinanza n.23190/2020 della VI° Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione