Il Decreto Ministeriale del 25 gennaio 2019, che modifica  e integra il Decreto 16 maggio 1987, n. 246, concernente norme di sicurezza antincendi per gli edifici di civile abitazione, identifica tra l’altro l’amministratore di condominio come il «responsabile dell’attività» volta a pianificare azioni e comportamenti corretti dei condòmini da mettere in pratica in presenza di un incendio.

Ciò significa che, in caso di incendio in condominio, oltre alla responsabilità contrattuale dell’amministratore, originata dal rapporto di mandato di cui all’articolo 1710 del Codice civile, e alla responsabilità extracontrattuale da atto illecito, fondata sull’articolo 2043 del Codice civile, si potrebbe ragionare anche di responsabilità penale dello stesso amministratore, per azioni e omissioni. Sotto tale profilo il Codice penale non prevede un reato tipico dell’amministratore di condominio, ma il fatto che non sussistano fattispecie specifiche non esclude, per la giurisprudenza, la possibilità che lo stesso amministratore, durante lo svolgimento della sua attività gestionale, possa commettere reati che lascino propendere per la sussistenza di interessi condominiali, come nell’ipotesi di violazione della normativa sulla sicurezza antincendio. In generale, l’articolo 40 del Codice penale stabilisce che «non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo».

Il presupposto di tale ragionamento sta nel fatto che l’amministratore di condominio, in qualità di mandatario dei condòmini, deve eseguire il mandato conferitogli dall’assemblea condominiale, con la diligenza del buon padre di famiglia, così come previsto dall’articolo 1710 del Codice civile e cioè con quella diligenza che è legittimo attendersi da qualunque soggetto di media avvedutezza ed accortezza (Cassazione, sentenza 8099/1990).

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