I giudici di Palazzo Spada si sono soffermati a chiarire i presupposti di adozione del provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio comunale (art. 31, comma 3, dpr 380/01), evidenziando come, secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidato, si sia in presenza di un atto dichiarativo di effetti giuridici (acquisitivi al patrimonio comunale) già prodottisi sul piano sostanziale, assunto sulla base della mera constatazione della mancata tempestiva ottemperanza di un pregresso ordine di demolizione.
L’acquisizione gratuita al patrimonio pubblico delle opere abusive:
“costituisce una misura sanzionatoria che consegue automaticamente all’inottemperanza dell’ordine di demolizione, non potendo essere opposta né una qualsivoglia rilevanza del tempo trascorso dalla realizzazione dell’abuso, né l’affidamento riposto eventualmente dall’interessato sulla legittimità delle opere da realizzare, né l’assenza di motivazione specifica sulle ragioni di interesse pubblico perseguite con l’acquisizione stessa.”
Il provvedimento di acquisizione rappresenta quindi una sanzione avente come presupposto la mancata ottemperanza all’ordine di demolizione entro il termine fissato dalla legge.
I chiarimenti sulla CILA
I giudici spiegano che la CILA rappresenta uno strumento di liberalizzazione delle attività economiche, non più sottoposte ad un controllo amministrativo di tipo preventivo, ma avviabili sulla base di una mera comunicazione da sottoporre al successivo controllo amministrativo: l’attività viene consentita direttamente per effetto della dichiarazione con cui il privato attesta la sussistenza dei presupposti prescritti dalla legge.
Perché possa produrre effetti giuridici, la comunicazione di parte deve rispondere al modello tipizzato dal legislatore, occorrendo, pertanto, che le attività in concreto avviate siano riconducibili alle fattispecie astratte per cui è ammesso l’utilizzo del relativo istituto.
Si è, dunque, in presenza di un ulteriore titolo (non avente natura amministrativa) abilitativo all’esecuzione di interventi edilizi, teso a permettere lo svolgimento di attività non obbligatorie, che la parte intende avviare per la realizzazione di un proprio interesse concreto.
Alla luce di tali rilievi, i giudici sostengono che devono ritenersi infondate le censure dei ricorrenti tendenti a valorizzare la presentazione di una CILA in dichiarata ottemperanza di un pregresso ordine di demolizione, trattandosi di una comunicazione inefficace:
- sia perché posta in essere da soggetti che non potevano più ritenersi titolari dei beni in parola;
- sia perché impiegata al di fuori del proprio ambito applicativo tipico, non riguardante opere di demolizione in esecuzione di una pregressa sanzione ripristinatoria.
In particolare, come osservato, l’ingiustificata inottemperanza, nel termine di novanta giorni, dell’ordine di demolizione comporta, quale conseguenza automatica, l’acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale.
Nel caso in esame l’amministrazione aveva assunto un ordine di demolizione precedente al secondo: tale ordine era certamente conosciuto dagli odierni appellanti, in quanto dagli stessi già impugnato (una prima volta) dinnanzi al Tar.
Il ricorso non è, quindi, accolto.