Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, la revoca o la sospensione dell’ordine di demolizione delle opere abusive, di cui all’art. 31, D.P.R. 380/2001, in conseguenza della presentazione di una istanza di condono o sanatoria successivamente al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, presuppone l’accertamento da parte del giudice dell’esecuzione della sussistenza di elementi che facciano ritenere plausibilmente prossima la adozione da parte della autorità amministrativa competente del provvedimento di accoglimento, non potendo la tutela del territorio essere rinviata indefinitamente.

Ai sensi dell’art. 39, L. 724/1994, i limiti di cubatura previsti per la condonabilità delle opere rispetto alla volumetria assentita non trovano applicazione nel caso di annullamento della concessione edilizia. In proposito la Corte ha specificato che tale deroga si riferisce al caso in cui l’opera abusiva sia stata realizzata in forza di un provvedimento successivamente annullato dall’autorità amministrativa o dal giudice amministrativo. La ratio della previsione è, evidentemente, quella di consentire una più ampia condonabilità a coloro che abbiano edificato in forza di un titolo bensì illegittimamente – o illecitamente – rilasciato, ma soltanto quando il formale riconoscimento del vizio, con conseguente annullamento, sia intervenuto ex post. Di conseguenza l’eccezione non si verifica qualora le opere siano già ab origine sine titulo, come risultava nel caso di specie, essendo iniziate quando la concessione edilizia era già di per sé divenuta inefficace.

Si allega la Sentenza

Cassazione Penale n. 4279_2021